RADICI PROFONDE: GLI ETRUSCHI E IL LORO MONDO NELLE TELE DI LAURA FERRETTI
Prof. Giulio GASPAROTTI critico d’arte e saggista
Laura
Ferretti,
in
questa
rassegna,
riporta
alla
luce
gli
elementi
più
significativi
dell'arte
etrusca
che
per
prima
raggiunse
e
si
sviluppò
in
Italia
e
conservò
più
a
lungo
una
magnifica
individualità
figurativa.
L'identificazione
della
cultura,
chiamata
dagli
archeologi
villanoviana
(dal
nome
della
località
Villanova,
presso
Bologna),
tipica
dell’Età
del
Ferro,
tra
il
IX
e
l’VIII
sec.
a.C.,
propria
dell’area
compresa
tra
l'Arno
a
nord,
il
Tevere
a
sud
e
le
rive
del
Mar
Tirreno,
corrispondente quindi all'attuale Toscana, al Lazio settentrionale e a parte dell'Umbria, fino alla dorsale appenninica.
Cito
la
cultura
villanoviana
perché
è
stata
la
prima
e
fondamentale
manifestazione
della
civiltà
etrusca,
il
diretto
riflesso
dell'età
di
formazione
e
di
individuazione
del
popolo
etrusco
rispetto
agli
altri
abitanti
dell'Italia
antica.
Secondo
Dionigi
di
Alicarnasso,
gli
Etruschi
sono
autoctoni,
cioè
originari
del
luogo.
E
questa
teoria,
contraria
a
quella
di
Erodoto,
è
attestata
anche
dalle
ricerche
di
Laura
Ferretti.
La
quale
alimenta
il
mistero
degli
Etruschi
e
la
loro
singolarità, con la varietà dei reperti rielaborati sulla tela, sempre connessi al loro mondo, almeno fino all'Età di Silla.
I
temi
e
i
motivi
risentono
del
mondo
greco,
per
via
degli
elementi
arcaici
collegati
alla
fenomenologia
religiosa,
ai
riti,
ai costumi, alle feste, ma arcaici-aristocratici perché legati alla committenza che pagava e ordinava.
Lo
si
vede
dalla
vivacità,
dall'immediatezza,
dalla
capacità
di
cogliere
e
di
accentuare
un
gesto,
un'espressione
e
anche
un
sentimento,
in
quanto
esprimono
la
forza,
l'austerità,
la
durezza,
che
dovevano
essere
le
loro
caratteristiche
dominanti.
Le
scene
sono
infatti
definite
dal
disegno
scarno,
dalle
linee
semplici
e
armoniose,
da
colori
senza
sfumature
che
seguono
il
disegno
geometrico
preparatorio,
a
cerchi,
a
raggi,
a
scacchiera.
L'equilibrio
perfetto,
la
simmetria,
la
sapienza
compositiva,
i
colori
vivi,
le
architetture
sottolineate
dal
colore
danno
unità
alle
scene
figurate.
Le
proporzioni sono trattate con disinvoltura, per inscenare il movimento.
I
particolari
sono
naturalistici
e
narrativi,
perché
la
pittura
etrusca
racconta
e
lo
fa
–
Laura
Ferretti
riesce
ad
esprimerlo
chiaramente
–
delineando
le
forme,
le
divisioni
delle
zone
diversamente
dipinte,
i
particolari
più
significativi,
con
effetti
gradevoli
dovuti
al
tratto
lineare,
ai
rapporti
formali,
agli
spazi
adiacenti,
allineandosi,
dopo
attento
studio,
al
realismo
materiale
etrusco.
Fiori,
uccelli,
piante,
animali,
atleti,
ecc.,
riempiono
la
composizione,
raggiungendo
un
preciso
senso
di
movimento.
A
volte
affiora
una
lieve
compiacenza
di
stile
ionico,
nella
fluenza
delle
linee,
per
meglio
rappresentare
il
rito,
il
mito,
un
gioco
funebre,
un
ricordo,
nei
profili,
nei
lineamenti,
nei
raccordi
d'immagine,
nei
piegamenti
delle
figure,
nelle
vesti,
nel
risalto
dei
corpi.
I
riferimenti
costanti
alla
vita
reale
e
la
concretezza
dell'impianto,
non
sono
di
minuzioso
realismo
–
neanche
nei
"monili",
nelle
"monete",
nei
"vasi"
–
non
fosse
altro
che
per i cromatismi e per la fantasia decorativa.
Va
riconosciuta
alla
Ferretti
l'idea
di
averci
convinto
che
gli
Etruschi
determinarono
l'arte
dei
Romani,
i
quali
assimilarono l'arte greca attraverso i percorsi e le esperienze etrusche.
Per
capire
la
civiltà
romana
occorre
soffermarsi
sulla
civiltà
etrusca,
affidata
per
lo
più
ai
reperti
archeologici
funerari,
alle necropoli formate da vere e proprie stanze sotterranee, affrescate e corredate di quanto era necessario ai defunti.
E
dalle
case
dei
morti
ci
giungono
queste
luminose
scene
di
vita,
dalle
quali
si
intuisce
la
manifestazione
primaria
di
un
sentimento romantico e di una tecnica impressionistica. Ferretti rispetta il gusto del primitivo, o dell'ingenuo.
Ci
conduce
dall'illusionismo,
che
inizia
da
schemi
fissati
a
geometrizzare
le
forme
della
realtà.
Cioè,
la
struttura
non
parte
da
un
nucleo
interno
verso
l'esterno
per
addizione,
ma
ritaglia
le
forme
nello
spazio,
definendole
con
piani
sempre
geometrici
e
volumetrici.
La
visione
è
quasi
espressionistica,
spontanea,
ritmata
da
pause
e
da
figure
allungate
in una specie di non finito. Le decorazioni seguono un ritmo scalare, classico e anticlassico, misurato e originale.
L'essenzialità plastica è tensione e non consente insistenze da sezione aurea. Animali di aria e di acqua, Animali di
terra, Piante ornamentali ed uccelli, il Commiato, Fanciulla: nella loro estroflessione (incurvamenti) stilizzano moderni
ritmi figurali, anticipandoli, nella prima grande civiltà indigena dell'Italia, anche se la cultura etrusca fu una grande
amalgamatrice di altre culture preesistenti e parallele. Il termine realistico fu coniato proprio per essi e la storia del
passato, la loro storia, diviene la lente per guardare il presente, vale a dire i paesaggi toscani del ciclo: "Il viaggio
continua". Paesaggi stesi a spatola, dalle tinte altrettanto vivaci, che unificano la capacità di resa dei colori nel
rapporto formale, imbevuto delle radici antropologiche del territorio, quale riserva a cui attingere. Le rappresentazioni
sono più elaborate. Le tinte più calde e molto ambientali si motivano e documentano una sapienza e una sensibilità,
non più nel concetto magico-religioso, ma nelle predilezioni di memoria visiva, a livello di citazione linguistica e di
integrazione di continuità, ad esprimere i molteplici aspetti di un unico tema, che ci sta sotto gli occhi.
Rimane
l'urgenza
di
vitalità
e
i
pretesti
coloristici,
ricchi
di
possibilità
dinamiche,
s'inseriscono
nella
nostra
contemporaneità,
rispecchiando
l'intera
evoluzione
di
quest'arte,
riscattata
dal
linguaggio
capace
di
"creare
un
ambiente",
non
per
i
morti,
ma
per
la
gioiosità
dei
vivi,
scandita
dal
colore
fantastico,
dalla
felicità
della
natura
e
del
tempo.
Rimane il silenzio di una visione idealmente pittorica.